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lunedì 18 agosto 2014

LA CINA SI COMPRA IL 35% DELLA RETE ELETTRICA ITALIANA



La notizia, che forse ha fatto meno rumore di quel che dovrebbe, risale a più di una settimana fa: Cassa depositi e prestiti Spa e l’azienda statale cinese State Grid International Development Limited il 31 luglio hanno firmato l’accordo per la cessione a SGID, per circa 2.101 milioni di euro, di una quota del 35% del capitale sociale di Cdp Reti Spa, la holding che controlla con quote attorno al 30 per cento le nostre reti del gas, cioè Snam, e dell’elettricità, cioè Terna. 

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domenica 10 agosto 2014

NEW SASIAIMPIANTI.IT

Le nostre notizie,i nostri lavori e le nostre informazioni cambiano piattaforma! Potrai seguire tutti i nostri articoli qui ! Nuova veste grafica e tante notizie green!



PASSATEPAROLA!

giovedì 31 luglio 2014

RINNOVABILI: LE GRANDI AZIENDE OSTACOLATE DAI BIG DELL'ENERGIA

Alcune delle più grandi aziende del mondo vogliono aumentare il peso delle rinnovabili dei loro gruppo ma hanno un problema: a render loro la vita difficile sono le stesse utility.

Per questo 12 grandi nomi, da Facebook a Walmart e GM hanno creato un consorzio informale, per cercare di superare gli ostacoli che nascono per l'acquisto di energia rinnovabile e la condivisione delle best practises.

Nessun interesse economico, solo la volontà di espandere la propria quota di energia pulita. Cercando di aumentare la disponibilità di energia rinnovabile a costi competitivi per gestire le imprese, le 12 società hanno firmato i Principi per il fabbisogni di energia rinnovabili per comunicare meglio le loro esigenze di acquisto e le aspettative per il mercato, che stenta a tenere il loro passo.

Le aziende - Bloomberg, Facebook, General Motors, Hewlett-Packard, Intel, Johnson&Johnson, Mars, Novelis, Procter&Gamble, REI, Sprint e Walmart - sperano che tali suggerimenti possano aprire nuove opportunità di collaborazione con le utility e con i fornitori di energia.

Con un target di energia rinnovabile combinata di 8,4 milioni di megawattora (MWh) per anno fino al 2020, le 12 aziende sono alla ricerca di un cambiamento di mercato che permetta loro di raggiungere i loro obiettivi di energia pulita.

Per soddisfare almeno quelli a breve termine queste hanno dunque bisogno di oltre 8 milioni di MWh di energia rinnovabile, la stessa elettricità che occorre per alimentare circa 800.000 case ogni anno. Gli acquirenti di grandi dimensioni hanno spesso difficoltà a rapportarsi con le utility tradizionali per l'acquisto di fonti rinnovabili a prezzi competitivi, aumentando la complessità delle procedure e i costi di transazione. Difficoltà riconosciute anche dal WWF e dal World Resources Institute (WRI), che hanno ribadito l'esigenza di linee guida chiare.

Ecco quali sono i 6 principi suggeriti dalle 12 big:

1. Maggiore scelta nelle opzioni di approvvigionamento

2. Maggiore accesso a opzioni competitive

3. Contratti a termine più lunghi e a prezzi fissi per l'energia

4. L'accesso a nuovi progetti che riducono le emissioni al di là del business

5. Maggiore accesso ai finanziamenti, nonché processi standardizzati e semplificati

6. Aumento delle opzioni di acquisto in collaborazione con le utility.

I firmatari iniziali sono pionieri, ma il gruppo si sta espandendo sempre di più una volta che le aziende stanno riconoscendo la necessità di un cambiamento del mercato per cogliere le opportunità offerte dalle energie pulite.

Aziende che hanno dimostrato con i fatti di essere alla ricerca del cambiamento, come Facebook, al lavoro su un grande datacenter europeo ecologico o ancora l'invito della società di Zuckerberg di aderire all'OCP per data center più green. E ancora, Walmart al lavoro per ridurre gli imballaggi e per rilanciare il settore delle fonti pulite negli Usa.

In aiuto, le aziende chiamano anche i regolatori statali e locali per stimolare le utility. “Queste aziende sono leader del mercato nella creazione di domanda di energia rinnovabile. I loro principi forniscono una guida per i fornitori del mercato”, ha detto Suzanne Apple, vice presidente senior del settore privato per il WWF. “Alcune delle più grandi aziende americane stanno adottando energie rinnovabili, e la loro domanda collettiva richiede al mercato di tenere il passo.”

Si parla di questo, mentre in Italia il settore delle rinnovabili è colpito dalle tasse sull'autoconsumo e dal nuovo spalma incentivi che, promettendo di tagliare del 10% le bollette delle Pmi, potrebbe mettere a rischio gli investimenti italiani e stranieri nel settore delle energie pulite. In questa situazione così incerta, quali possibilità offrirebbe il mercato italiano a chi vuole scegliere le rinnovabili?

lunedì 28 luglio 2014

NEL 2020 RADDOPPIERANNO LE ENTRATE PER L'ENERGIA SOLARE

La maggiore attenzione alla riduzione delle emissioni di gas serra e di altri inquinanti alimenta il mercato globale dell’energia solare. Insieme a una legislazione favorevole ed alla necessità di migliorare l’autosufficienza e la sicurezza energetica, ciò aiuterà il mercato dell’energia solare a crescere rapidamente.

Mentre i volumi di vendita sono concentrati principalmente nella regione Asia-Pacifico, si registra una netta tendenza di crescita anche in altri mercati. 

Una nuova analisi di Frost & Sullivan, intitolata "Global Solar Power Market", rileva che il mercato ha prodotto entrate per 59,84 miliardi di dollari nel 2013 e stima che questa cifra raddoppierà raggiungendo quota 137,02 miliardi di dollari nel 2020. 

La domanda globale di sistemi solari fotovoltaici nel 2014 è dominata dalla regione Asia-Pacifico, che rappresenterà circa il 46% della capacità fotovoltaica installata nel corso dell’anno. Cina, Giappone, India e Australia continueranno ad essere i quattro paesi più importanti per la crescita della domanda regionale. Con la drastica diminuzione dei prezzi dei pannelli, i produttori asiatici ora si rivolgono all'integrazione della catena di valore e all'efficienza tecnica per differenziare i propri prodotti da quelli degli altri fornitori nel mercato.

In Europa il mercato continua a crescere. La Germania è stato il primo paese europeo a incentivare l’energia solare fotovoltaica con un sistema di feed-in tariff nel 2006. La capacità installata nel mercato si è ampliata rapidamente ed è tuttora il più grande mercato dell’energia solare al mondo. Entro il 2020, Germania, Italia, Francia, Spagna e Regno Unito, insieme, progettano di installare oltre 75 GW di capacità fotovoltaica. La capacità totale installata a livello globale nel 2013 è stata di 137 GW. 

In Europa inoltre, anche l’obbligo unilaterale degli stati membri dell’Unione Europea verso il protocollo di Kyoto, che è stato pensato per ridurre le emissioni di gas serra, ha dato slancio al mercato dell’energia solare in questa regione. 

Nel frattempo, gli Stati Uniti sono diventati una meta redditizia poiché qui il prezzo dei sistemi solari fotovoltaici è calato a causa della riduzione delle importazioni dalla Cina, in seguito all'imposizione di tariffe antidumping e contro le sovvenzioni illegali sulle importazioni. (ne avevamo scritto qui)

"Il mercato globale dell’energia solare sta beneficiando di vari schemi di incentivi nella forma di certificati di energia verde scambiabili, feed-in tariff, sussidi e sgravi fiscali per l'utilizzo di fonti rinnovabili per la produzione di energia, - afferma Pritil Gunjan, analista di Frost & Sullivan. - Tuttavia, questi schemi di incentivi continuano ad essere molto eterogenei, facendo variare ampiamente il tasso di diffusione dei sistemi solari fotovoltaici a seconda delle politiche locali e regionali."

Il potenziale del mercato dell’energia solare è stato frenato dagli elevati costi di installazione e manutenzione dei sistemi solari fotovoltaici. La fornitura intermittente dell’energia solare, il basso ritorno sull'investimento dei sistemi solari fotovoltaici e la disponibilità di tecnologie meno costose per le energie rinnovabili, come quella eolica e la bioenergia, rappresentano una sfida per il mercato.

"Elaborare normative severe per l'energia pulita e offrire sussidi adeguati al settore delle energie rinnovabili sarà essenziale, - osserva Gunjan. - Sarà ugualmente importante la chiarezza nelle linee guida relative agli incentivi per l’energia solare, in modo che gli sviluppatori dei progetti, gli investitori e i clienti non siano indotti in errore e possano prendere decisioni di investimento adeguate." 

sabato 19 luglio 2014

AUTOCONSUMO: L'EVOLUZIONE MONDIALE

Finlandia, Germania, California, Australia: sono soltanto alcuni esempi che dimostrano come ormai, in tutto il mondo, stia avvenendo un passaggio verso l’autoconsumo.

Proprio per questo l’Italia e gli ultimi decreti messi a punto in materia di energia e bollette risultano una nota stonata, che penalizza proprio generazione distribuita, autoproduzione e autoconsumo, che altrove sono, invece, una leva verso la sostenibilitàe uno dei cardini delle smart cities. Proviamo a mettere a confronto cosa accade all’estero e cosa accade invece nel nostro Paese.

CALIFORNIA – Qui l’obiettivo è semplificare la burocrazia per rendere più standardizzati i processi di autorizzazione alla realizzazione di nuovi impianti fotovoltaici, in particolare quelli su tetto. La proposta sarebbe quella di un limite massimo di 5 giorni lavorativi perché tutte le operazioni siano completate, con una sola ispezione-revisione successiva all'installazione.

Tutto questo mentre i dati del California Independent System Operator hanno dimostrato che lo stato ha superato il suo stesso record di generazione fotovoltaica il 1° giugno, con l’immissione in rete di 4.767 MW di energia. Senza contare che la produzione di energia fotovoltaica a maggio 2014 è stata di 3 volte superiore a quella registrata nello stesso periodo del 2013.

GERMANIA – In Germania la situazione vede gli incentivi diminuire, così come i prezzi dei pannelli solari. Ma la rivoluzione, anche in questo caso, risiede nel boom dell’autoconsumo: chi ha un impianto tende a consumare la propria energia, prima di quella che arriva dalla rete, più cara, da un lato proprio per via del calo degli incentivi, dall’altro anche grazie ai meccanismi che lo scorso anno invece li hanno spostati verso chi acquista sistemi di accumulo per il fotovoltaico.

FINLANDIA – In Finlandia l’imperativo è ridurre le emissioni nocive, quindi anche qui si fa leva sui sistemi di accumulo per incentivare la diffusione delle energie pulite. In tutti i casi, qui si uniscono le forze: il VTT Technical Research Centre, la Lappeenranta University of Technology e il Finland Futures Research Centre della University of Turku hanno lanciato il progetto Energy neo-carbon per lo stoccaggio di energia solare ed eolica, che ha ricevuto un finanziamento strategico ingente da Tekes, agenzia finlandese per l'innovazione. Il progetto si suddivide in 3 parti: ricerca sui sistemi energetici; sviluppo di sistemi energetici, valorizzazione delle competenze sullo sviluppo delle tecnologie di stoccaggio dell'energia.

AUSTRALIA - L'autoconsumo ha toccato qui livelli record, al punto che le previsioni dicono che al 2040 la metà dell'energia elettrica generata sarà consumata nello stesso luogo. Non c'è più competizione per le fonti fossili, che perderanno progressivamente terreno, sconfitti dai cittadini"prosumers", del tutto scollegati dalla rete (e in molte zone rurali, di fatto, lo sarebbero comunque), in grado di produrre energia da soli grazie al fotovoltaico.

E IN ITALIA? – Già all’ultimo Solarexpo Alvaro Garcia-Maltras e Sandra Valverde della cineseTrina parlavano di un passaggio vistoso da un modello basato sugli incentivi ad uno incentrato sull'autoconsumo dell'elettricità green, autoprodotta da tutti, che però comporta un cambio di mentalità. E il cambio di mentalità pare che sia avvenuto più negli italiani che in chi li governa. Il decreto spalma incentivi non piace a nessuno e minaccia proprio l’autoconsumo su cui gli altri Paesi basano invece il loro futuro green.

Non solo. E’ un vero attacco al comparto, non a caso su Twitter il dibattito ha preso campo velocemente con gli hashtag #noatasseautoconsumo, #governofossile, #spalmaincentivi e#salvarelerinnovabili. Tutto questo mentre gli investitori esteri hanno dato il via ai ricorsi e la stessa Confindustria non è completamente a favore del decreto.

Da più parti arrivano proposte, al momento però fa riflettere e preoccupare la volontà di un settore che, peraltro, ha retto meglio di altri alla crisi economica, creando occupazione e favorendo il passaggio verso un futuro low carbon. In Italia il sole non è più un bene democratico.

mercoledì 9 luglio 2014

SEGUIRE L'ESEMPIO DI WILDPOLDSRIED (GERMANIA) SULLE RINNOVABILI

Sono partiti nel 1997, quando si decise che si dovevano costruire nuove industrie e infrastrutture senza creare debiti
La citta' aveva anche problemi di inondazioni ed allagamenti. Nel 2000 ricevettero dei fondi europei per lavorare sui sistemi di prevenzione per le inondazioni, ed il sindaco decise che sarebbe stato utile includere un sistema naturale di assorbimento dell'acqua usando le lagune locali. Queste avrebbero filtrato e poi rilasciato l'acqua piovana in modo controllato nei ruscelli locali.
Sono partiti cosi, e poi l'idea di fare tutto "naturale" non si e' fermata e nel giro di pochi anni hanno rivestito gli edifici comunali con pannelli solari, creato del biogas per la città  e installato sette pale eoliche. 
190 famiglie si sono installate i pannelli sui tetti e la città' ha creato dei mini impianti idroelettrici.

E cosi Wildpoldsried ha prodotto il 321% dell'energia in piu' rispetto a quel che gli serve, e ha anche guadagnato 4 milioni di euro nel re-immetterla in rete. 
La citta' e' diventata meta di investitori di vario genere che vengono qui attratti dalle condizioni agevolate di fare business.
Wildpoldsried ha ricevuto numerosi premi nazionali e internazionali per le sue iniziative energetiche e per la protezione dell'ambiente. Hanno anche creato una iniziativa, il WIR–2020, Wildpoldsried Innovativ Richtungsweisend per ispirare cittadini a fare la loro parte per l'ambiente, e per creare sintonia fra la protezione dell'ecosistema e la creazione di lavoro e benessere verde.
Ogni tanto ci sono dei programmi per mostrare ad altri villaggi come e cosa si puo' fare per migliorare l'efficenza energetica e attrarre capitali per l'industria verde. 
Il sindaco e' stato letteralmente assalito dalla stampa.
Insomma, 4 milioni di euro per 2600 abitanti senza che si avveleni nessuno è un bel traguardo no?

lunedì 23 giugno 2014

LA FRANCIA DIVENTA GREEN

La Francia è pronta ad avviare un processo di conversione energetica (lento ma progressivo) che punti verso un impiego sempre maggiore delle rinnovabili e faccia meno affidamento sui sistemi di approvvigionamento delle fonti fossili.

A dirlo è Ségolène Royal, il ministro dell’Ecologia e dell’Energia, che mercoledì scorso ha presentato in Consiglio dei ministri la bozza delle nuova legislazione in materia di politica energetica. 

Il testo, definito dallo stesso Hollande come fondamentale, renderà la trasformazione del sistema energetico francese uno dei principali ‘assi politici’ dei prossimi anni di lavoro della Royal.  

La bozza del nuovo documento, che deve ancora essere esaminata dai diversi organi rappresentativi (dentro e fuori il Parlamento francese), ha già delineato gli obiettivi strategici su cui puntare il suo nuovo percorso di rinnovamento green della Francia

- Piani di efficienza energetica negli edifici industriali e residenziali. Il Governo ha già messo a punto delle agevolazioni fiscali dedicate all’efficientamento energetico a copertura del 30% dei lavori svolti a copertura del periodo tra il 1° settembre 2014 e il 31 dicembre 2015. Inoltre, è stata annunciata la creazione di un controllore energetico, che dovrebbe aiutare le famiglie a basso reddito nel ‘retrofit edilizio’.

- Sviluppo di ulteriori impianti rinnovabili. E’ stato annunciato, ad esempio, il raddoppio dei fondi destinati alle fonti termiche verdi (fino a 400 milioni di euro), un nuovo piano nazionale per il biogas e la possibilità di ottenere obbligazioni verdi per le PMI.

- Nuovi sistemi di mobilità sostenibile. Il disegno di legge prevede l’istituzione di 7 milioni di punti di ricarica per veicoli elettrici entro il 2030. Nel frattempo, nell’estate del 2014, 10mila punti di ricarica aperti al pubblico saranno operativi e verrà previsto anche un premio di conversione per l’acquisto di un’auto elettrica in caso di cessione di un veicolo diesel: sovvenzione che, in determinate condizioni, potrà salire fino a 10mila euro. 

- Abbandono progressivo delle fonti fossili e diminuzione del caro bolletta.

mercoledì 18 giugno 2014

USA: DAZI SUI PANNELLI SOLARI CINESI. SOLUZIONE GIUSTA?

Prosegue la disputa tra gli Stati Uniti e la Cina sulla commercializzazione dei pannelli fotovoltaici. L’ultima mossa antidumping del Dipartimento del Commercio statunitense è destinata a far discutere. Le autorità americane hanno infatti approvato l’imposizione di dazi su alcuni tipi di pannelli solari cinesi. Le tariffe per l’importazione di prodotti che contengono alcune specifiche componenti saranno superiori nella misura del 18.56% e fino al 35.21%.

Gli Stati Uniti giustificano l’introduzione di nuovi dazi sui pannelli solari cinesi, sostenendo che i produttori orientali avrebbero beneficiato di sovvenzioni sleali, che di fatto minerebbero la stabilità dell’industria solare americana. Questa nuova misura si è resa necessaria perché le tasse imposte dagli Stati Uniti sulle celle solari prodotte in Cina e importate in America sarebbero state aggirate dalle aziende cinesi. Spesso infatti i produttori cinesi producevano le celle solari a Taiwan con materie prime cinesi per poi assemblare i pannelli in Cina. Una lacuna nelle misure antidumping prontamente colmata dagli Stati Uniti.
L’annuncio di nuovi dazi sui pannelli fotovoltaici cinesi ha riscosso ovviamente la soddisfazione delle aziende americane, che vedono le loro principali rivali sul mercato in una posizione meno vantaggiosa. Tuttavia le aziende cinesi non soffriranno eccessivamente per queste misure, dal momento che gli Stati Uniti rappresentano appena il 10% del loro mercato di vendite. A pagarne le conseguenze sarà però l’intero settore del solare. Il mondo ha bisogno di tecnologie a basso costo per la produzione di energia rinnovabile e qualsiasi misura rallenti questo percorso, anche se attuata per fini commerciali, rappresenta un passo indietro per un solare meno costoso e più competitivo.
Gli Stati Uniti e la Cina dovrebbero trovare un altro modo per risolvere la loro diatriba commerciale. Inoltre la Cina dovrebbe impegnarsi maggiormente per ridurre l’impatto della produzione dei suoi pannelli, che secondo recenti studi sono più inquinanti di quelli americani ed europei, alla luce dell’impiego massiccio nelle fabbriche e nelle miniere di energia elettrica prodotta dalle centrali a carbone.

sabato 7 giugno 2014

SALVARE L'AFRICA CON IL SOLE!

Il continente africano deve lottare ogni giorno per la sopravvivenza: la popolazione, in particolar modo nella fascia sub-sahariana, continua a crescere rapidamente, ma la scarsità di energia elettrica frena in maniera pesante lo sviluppo. Perchè allora non ricorrere all’energia solare?


Basti pensare che il 30% dei centri sanitari e il 65% delle scuole primarie non hanno accesso all’elettricità, e i dati sono ancora più sconcertanti se puntiamo l’attenzione sulla popolazione del sub-sahara: il 70% degli abitanti rimane al buio dopo il tramonto, oltre a vivere nell’impossibilità di conservare cibi freschi nel frigorifero e svolgere tutte quelle normali azioni del quotidiano a cui noi occidentali non prestiamo neanche più caso.

Secondo un recente rapporto di Green Alliance solo le energie rinnovabili potranno salvare l’Africa. Realizzare le infrastrutture necessarie per far arrivare l’elettricità nei posti più sperduti si rivelerebbe troppo oneroso, per cui è necessario puntare su soluzioni off  grid.

In questo processo l’UE svolgerebbe un ruolo rilevante, essendo in grado di investire sulla diffusione massiccia del rinnovabile nel continente africano. Inoltre l’energia verde può rappresentare anche un’ottima occasione per offrire nuovi posti di lavoro e incentivare lo sviluppo economico dell’Africa.
Attualmente l’energia solare ha consentito a 2 milioni e mezzo di famiglie del Kenya di poter avere accesso all’energia, riducendo del 12,6% le spese sostenute.
Le fonti rinnovabili hanno dei costi nettamente inferiori rispetto ai vecchi generatori diesel e rappresentano la soluzione più efficace ed immediata.

Se entro il 2030 tutta la popolazione mondiale dovrà avere accesso all’energia, allora è bene che si sfrutti questo potenziale, di cui il Continente Nero è ricchissimo!
L’obiettivo ambizioso sarà costruire un ponte culturale ed economico tra le imprese dei Paesi occidentali e quelli in via di sviluppo, di modo da creare delle partnership che siano in grado di risollevare le condizioni di un continente ancora martoriato da epidemie e povertà.
Sperando vivamente che non si faccia per lucro ma bensì per aiutare il prossimo...i nostri fratelli! 

giovedì 29 maggio 2014

IN FRANCIA IL NUCLEARE È SEMPRE PIÙ CARO (+118%)

Non si tratta certo di una buona notizia per la Francia che ha messo quasi tutte le sue uova (75%) nel paniere nucleare. Secondo la Corte dei Conti francese (lo riporta Le Figaro, non certo sospettabile di simpatie ambientaliste) il costo dell'energia prodotta dall'Uranio dovrà aumentare fortemente a causa degli importanti investimenti ormai necessari sul vecchio parco reattori: 33 su 58 hanno più di trent'anni (fonte database PRIS).
Il costo medio è già cresciuto del 20% tra il 2010 e il 2013, da 50 a 60 euro al MWh.

Nonostante le promesse del nuovo ministro dell'ambiente Ségolène Royal di voler stabilizzare il prezzo dell'energia nei prossimi tre anni, la Corte ritiene che l'aumento sarà dovuto soprattutto (+118%) ai massicci investimenti necessari per prolungare la vita dei reattori attuali oltre lo standard di 40 anni; si parla di qualcosa come 90 miliardi di € da qui al 2030, quindi assai più dei 55 stimati da Electricité de France.
E' da notare che con questa cifra si potrebbero installare  circa 90 GW di eolico che potrebbe sopperire a circa un terzo dell'attuale produzione di energia elettrica.
Un peso minore, ma non trascurabile è dato dall'aumento dei costi dell'Uranio, del personale, della logistica ecc.
La nuova centrale EPR in costruzione a Flamanville sta viaggiando con 4 anni di ritardo e finirà con il costare 8,5 miliardi di €, cioè il triplo del budget iniziale.
P.S.: Il costo indicativo dell'eolico è di circa 1€ al watt.Con 90 GW si potrebbero produrre indicativamente 180 TWh ogni anno; si tratta di uno scenario realistico, dal momento che il potenziale eolico francese è pari a circa 560 TWh/anno.

VIDEO: Le centrali nucleari in Francia, da una puntata di Report del 29 marzo 2009.


martedì 27 maggio 2014

100% RINNOVABILI, LA DANIMARCA INSEGNA

Il 100% rinnovabili sul breve-medio termine non è una fantasia da ecologisti integralisti. Se c'è la volontà politica è uno scenario raggiungibile in tempi relativamente rapidi, con costi assolutamente sostenibili e grandi ricadute positive in termini di sicurezza energetica e occupazione, oltre che di salute, tutela dell'ambiente e lotta al cambiamento climatico. La Danimarca lo sta dimostrando: uno studio governativo pubblicato qualche giorno fa porta nuove indicazioni sulle strade che il paese può percorrere per raggiungere gli ambiziosi obiettivi che si è dato, cioè liberarsi completamente dalle fonti fossili entro il 2035 per quel che riguarda l'elettricità e il riscaldamento e andare il 100% da rinnovabili, decarbonizzando completamente anche il settore trasporti, entro il 2050.
Nel report, titolo inglese Energy Scenarios for 2020, 2035 and 2050, si mettono a confronto 5 scenari: uno in cui le fonti fossili permangono e quattro in cui vengono eliminate, come da obiettivi nazionali. Tra le quattro strade per liberarsi completamente da gas, petrolio e carbone una, battezzata “Wind”, punta soprattutto su eolico e elettrificazione dei trasporti (ma le biomasse e il biogas hanno comunque un ruolo importante), una, “Biomass”, punta molto sulle biomasse, “Bio+” prevede un sistema basato sui combustibili attuali dove però carbone, petrolio e gas siano sostituiti da biomasse, biocarburanti e biogas, mentre in “Hydrogen” c'è l'idrogeno a svolgere un ruolo importante di vettore energetico per accumulare l'energia prodotta dalle rinnovabili, eolico in primis.

Ne esce che gli scenari fossil-free sono solo poco più costosi rispetto a quello in cui le fossili hanno ancora un ruolo: il più economico tra gli scenari 100% rinnovabili costerebbe solo 800 milioni di euro più dello scenario “Fossil fuels”, cioè sarebbe più caro solo del 5%. Il costo stimato di avere un sistema energetico completamente decarbonizzato al 2050 va da circa 18 a 21 miliardi di euro. Il grosso dello sforzo, circa metà della spesa stimata nei vari scenari, si deve al settore trasporti. Il bivio davanti al quale la Danimarca si trova, emerge dal report, è tra puntare più su vento ed elettrificazione o più sulle biomasse: puntare sulle bioenergie è più economico e richiede meno investimenti in infrastrutture, ma dà meno sicurezza energetica e il risparmio potrebbe essere vanificato da un aumento dei prezzi delle biomasse.
Quale sia la strada che sceglierà, il paese scandinavo conferma di essere un passo avanti rispetto al resto del mondo. La trasformazione del sistema energetico qui è già in fase avanzata: nel 2012 il vento forniva il 25% del fabbisogno elettrico, nel 2013 è arrivato al 33%. Per il 2020 si punta ad ottenere dal vento il 50% dell'elettricità e gli sforzi per adattare la rete elettrica ad una tale penetrazione di questa fonte non prevedibile stanno facendo della Danimarca un paese all'avanguardia sulle tecnologie e sulle soluzioni per la smart grid. Anche su biomasse, biogas, biometano e teleriscaldamento il Paese è all'avanguardia, mentre c'è un forte supporto anche all'elettrificazione dei trasporti.
Se la Danimarca è la prima della classe su questo fronte, va sottolineato, è perché a Copenhagen la transizione energetica è una priorità nazionale che ha messo d'accordo praticamente tutti gli schieramenti politici. L'obiettivo del 100% rinnovabili che il paese ha adottato a marzo 2012 è stato approvato dal Parlamento danese con 171 voti su 179. A febbraio tutti i maggiori partiti, dai Socialdemocratici al governo, ai Conservatori, ai Socialisti fino all'Alleanza Rosso-Verde, hanno votato compatti per nuovi obiettivi ancora più ambiziosi: una legge che impone alla Danimarca di tagliare le emissioni del 40% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2020.
Dunque, mentre in Italia non mancano (sia nel centrodestra che nel centrosinistra) esponenti politici di primo piano che invitano a frenare sullo sviluppo delle rinnovabili e sulla lotta la global warming perché sono un costo insopportabile per l'economia, il Parlamento danese votava quasi all'unanimità per alzare del 10% l'obiettivo assegnato dall'Europa.

domenica 9 marzo 2014

IL CONTO SALATO DELLE CENTRALI NUCLEARI FRANCESI

Grazie al referendum che ha chiuso, si spera definitivamente, la porta in faccia all'atomo, in Italia l'abbiamo proprio scampata bella. Senza pensare agli effetti che il “rinascimento nucleare" voluto dal governo Berlusconi avrebbe avuto sul nostro sistema elettrico in grave situazione di overcapacity, alle spese enormi per costruire le centrali, o a possibili incidenti, abbiamo infatti rischiato di ipotecare pesantemente il nostro futuro, trovandoci magari tra 30-40 anni obbligati a spendere altri miliardi, oltre che per eventuali decommissioning (stiamo ancora pagando per le centrali chiuse nell'87), anche per rimodernare o mantenere in funzione il parco dei reattori.

Lo mostra bene la situazione francese: un documento riservato di EDF, visto dal settimanale Le Journal du dimanche, quantificherebbe in circa 300 miliardi di euro gli investimenti necessari nei prossimi 50 anni se si volesse mantenere il parco nucleare ai livelli attuali. Lo scenario probabilmente non si verificherà grazie all'obiettivo francese di far scendere la quota dell'atomo nel mix elettrico dal 75 al 50%, ma i francesi dovranno comunque sborsare una cifra enorme: si parla di 200 miliardi da investire dal 2030 al 2067, cifra che potrebbe arrivare a 240 se si scegliesse di sostituire le centrali da pensionare con reattori di tipo EPR.
Anche senza guardare troppo in là, comunque, l'atomo costerà caro ai francesi. La scadenza dei 40 anni di vita per i 58 reattori nazionali è infatti alle porte: per circa due terzi arriverà entro il 2025.  Urge dunque una estensione della vita utile, con relativi investimenti in sicurezza. Prolungare da 40 a 50 anni la vita dei 58 reattori francesi, costerebbe dal 2015 al 2025 55 miliardi di euro, circa 1 miliardo a reattore, secondo quanto dichiarato dai vertici di EDF. Secondo uno studio di Wise-Paris (allegato in basso), commissionato da Greenpeace France, la spesa potrebbe però essere molto più alta: valutando i lavori necessari si parla di una forchetta che va da 2 a 4,5 miliardi a reattore.
Come fa notare il verde Denis Baupin, "il totale di 300 miliardi equivarrebbe al costo di uscire dal nucleare e rimpiazzarlo con le fonti rinnovabili. Bisogna uscire dal mito che il nucleare sia gratuito”. Insomma, invecchiando il nucleare costa e i paesi che vi hanno investito si trovano costretti a spendere moltissimo solo per garantire la sicurezza di impianti basati su una tecnologia obsoleta.
Un problema che nei prossimi anni in Europa si manifesterà pesantemente: come verificato da un report pubblicato da Greenpeace, su 151 reattori nucleari operativi in Europa (esclusa la Russia), 67 hanno più di trent’anni, 25 più di trentacinque e 7 di loro oltre quarant’anni. Il 44% dei reattori nucleari europei hanno oltre trent’anni, con un'età media di ventinove.
Viste le spese necessarie ad allungare la vita dei reattori, senza peraltro eliminare completamente rischi sanitari e ambientali potenzialmente connessi, chi ha investito in questa tecnologia farebbe meglio a mandare le centrali in pensione il più in fretta possibile, come ha deciso di fare la Germania? Quanto a noi, possiamo ringraziare il voto del referendum del 2011 che ha evitato che ci imbarcarcassimo per questa perigliosa impresa.

domenica 9 febbraio 2014

FUKUSHIMA E L'OBBIETTIVO DEL 100% RINNOVABILE

Fukushima punta alle energie rinnovabili. 

Il distretto colpito nel 2011 da un terremoto ed un successivo tsunami, potrebbe non servirsi più del nucleare, ma affidarsi ad eolico e solare, diventando completamente pulita entro il 2040.


Obiettivi molto ambiziosi, soprattutto perché si scontrano con le politiche nazionali del premier Shinzo Abe, che porta avanti l’idea di un pronto ritorno al nucleare per il Giappone. Allo stato attuale, l’energia verde, in Giappone, rappresenta circa il 22% del totale, ma la volontà dei cittadini fa ben sperare.

Secondo alcuni sondaggi, infatti, il 53% dei giapponesi chiede un abbandono graduale dell’energia nucleare, mentre un ulteriore 23% vorrebbe un addio immediato e senza ripensamenti.

A favorire, molto probabilmente, un grosso investimento nelle energie rinnovabili potrebbero essere le recenti diminuzioni dei costi per gli impianti solari ed eolici.

Diventare 100% rinnovabile entro il 2040 è  una delle poche possibilità che quest’area abbia di fatto. 

"Ho avvertito una vera mancanza di speranza per quanto riguarda il far fronte alla situazione, ma abbiamo bisogno che cambi qualcosa, bisogno di guardare al futuro", ha dichiarato Stefan Schurig del World Future Council.

venerdì 24 gennaio 2014

IN SPAGNA L'EOLICO BATTE IL NUCLEARE

La Spagna, nel 2013, ha raggiunto importanti obiettivi energetici. Il settore dell’eolico, secondo il rapporto preliminare della Red Electrica de Espaa (Ree), ha rappresentato la principale fonte di energia elettrica del Paese, battendo perfino il nucleare.


In particolare, i dati mostrano che l’eolico ha coperto il 21,1% della domanda energetica della penisola spagnola, superando, anche se per poco, il nucleare che si è fermato a quota 21%. Nel 2013 le turbine eoliche hanno generato 53.926 GWh di energia elettrica, segnando una crescita del 12% rispetto ai valori del 2012 e tagliando le emissioni di CO2 del 23,1%.

‘Durante il 2013, sono stati superati i massimi storici di produzione di energia eolica’, si legge sul rapporto, secondo quanto riportato da Business Green. ‘A gennaio, febbraio, marzo e novembre l'energia del vento è stata la tecnologia che ha reso il più grande contributo nella produzione totale di energia del Paese’.

Grazie al forte potenziamento dell’energia eolica, ma anche ai 140 Mw del solare fotovoltaico e di 300 Mw del solare termico, nel 2013, le rinnovabili hanno coperto il 49,1% della capacità totale installata sulla penisola. I dati preliminari mostrano anche una diminuzione delle fonti più inquinanti rispetto al 2012 pari a -34,2% da impianti a gas a ciclo combinato, -27,3% da impianti a carbone e -8,3% da nucleare.

giovedì 23 gennaio 2014

LA GERMANIA PUNTA AL 100% DI ENERGIA RINNOVABILE

Cento per cento energie rinnovabili, è possibile?
E’ un obiettivo ambizioso quello che la Germania si è auto imposta di recente: produrre energia esclusivamente da fonti rinnovabili entro il 2050. Secondo l’agenzia tedesca per l’ambiente, UBA-Umwelt Energiewende, sarebbe quindi possibile eliminare totalmente tutti gli impianti per l’energia nucleare, quelli a fonti fossili (come petrolio, gas o carbone) e anche quelli a biomasse nei prossimi trentasei anni. Obiettivo ambizioso? Sicuramente, ma possibile.

La corsa alle energie rinnovabili è già iniziata da tempo nel paese. Lo stop ad alcuni siti di produzione di energia nucleare è in realtà già avvenuto, in conseguenza alle reazioni scaturite dall’incidente di Fukushima in Giappone, che ha destato allarme tra la popolazione (non solo tedesca). L’obiettivo però sarebbe ancora molto lontano dall’essere realizzato. Si stima infatti che nello scorso anno la Germania abbia prodotto solo il 3% della propria energia sfruttando le energie rinnovabili, con l’eolico a farla da padrone rispetto a quanto prodotto tramite l’energia solare ed idroelettrica (rispettivamente 47 TWh, 30TWh e 15 TWh, pari ad un totale di 92 TWh dei circa 3067 TWh necessari per il fabbisogno del paese).

Si tenga comunque presente che la Germania, avanguardia tecnologica del solare, è tra gli stati che più utilizzano le energie rinnovabili e che su questo tipo di tecnologie sta investendo molte risorse, in particolare per quanto riguarda il fotovoltaico, sulla quale l’UBA ripone particolari aspettative. Già oggi, infatti, è partito in Germania un programma di incentivazione dei sistemi di accumulo elettrico per gli impianti fotovoltaici.

L’abbandono completo dei combustibili fossili, obiettivo oggi ancora molto lontano, appare piuttosto complicato in quanto al momento non sono disponibili le tecnologie che consentono di supplire completamente ed efficacemente al loro utilizzo. Buone possibilità si avrebbero convertendo, ad esempio, l’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili in bio-combustibili liquidi o in bio-gas, necessari al funzionamento degli impianti “no carbon” già in funzione.
Ecco due esempi a titolo totalmente indicativo: si può utilizzare l’elettricità verde prodotta dalle rinnovabili per produrre idrogeno, combustibile pulito per eccellenza, oppure si possono utilizzare le energie rinnovabili per far funzionare le pompe idriche per alimentare i bacini d’acqua dell’idroelettrico.
Anche l’utilizzo di sistemi di accumulo elettrico possono essere funzionali allo sfruttamento completo degli impianti di produzione da fonti alternative.

L’obiettivo posto dalla Germania, anche se ambizioso, rappresenta un grande passo avanti nella concezione delle politiche energetiche nazionali, ed è quindi auspicabile che anche altri stati, se non l’intera Unione Europea, ne seguano l’esempio.
Anche la Ue si è posta l’obiettivo di ridurre la produzione di energia da fonti rinnovabili, mettendo al 20% il tetto da raggiungere entro il 2020. Secondo i dati Eurostat però questo obiettivo, anche se meno ambizioso rispetto a quello auspicato dalla Germania, sarebbe ancora lontano per alcuni Paesi EU. La percentuale media europea di energie rinnovabili nel 2012 si aggirava infatti a circa il 12,4% dell’intera produzione elettrica.
I dati dell’agenzia europea riconoscono alla Germania circa l’11% di produzione proveniente dalle rinnovabili, ma il podio per la produzione di energie rinnovabili spetterebbe alla Scandinavia, nella quale Norvegia e Svezia occuperebbero i primi gradini del podio. A seguire: Lettonia, Austria e Portogallo.
E l’Italia? Il nostro paese, secondo gli ultimi dati disponibili, si attesterebbe intorno al 30%, quantità di tutto rispetto visto l’importante ruolo che il fotovoltaico ha avuto negli ultimi anni.

domenica 19 gennaio 2014

A BERLINO I PALI DELLA LUCE RICARICANO ANCHE L'AUTO ELETTRICA

Berlino è la capitale di un paese, la Germania, che da anni sta investendo nelle tecnologie green, ed è anche una delle metropoli più creative del mondo, dove esistono numerosi gruppi, associazioni e start-up attive nelle tematiche dell’energie rinnovabili, dell’educazione ambientale e della permacultura.
Una di queste giovani imprese tecnologiche e innovative,Ubitricity, ha coinvolto la città in un ambizioso progetto che prevede di trasformare 100 pali della luce in colonnine di ricarica per auto elettriche. Se la fase di test funzionerà, ne verranno creati altri 800 entro il 2015.

La start up berlinese ha voluto ovviare a due problematiche delle auto alimentate ad energia elettrica, quello dell’accesso a font di ricarica delle batterie e quello del pagamento dell’energia prelevata. Attraverso un cavo si possono ricaricare facilmente le batterie nei luoghi pubblici, lampioni della luce inclusi, e con una scheda SIM posta all’interno del veicolo viene monitorata la quantità di energia immessa e viene effettuato il pagamento al fornitore dell’energia elettrica. Un’apposita app sul proprio smartphone segnalerà all’autista consumi e spese.
L’e-mobility, ossia la mobilità facilitata e monitorata da strumenti derivati dal web, è una scommessa su cui la città di Berlino ha deciso di puntare mezzo milione di euro. Ubitricity, d’altra parte, è considerata una delle compagnie che si stanno più impegnando per la trasformazione del settore automobilistico.
La volontà politica rivolta al bene comune che coinvolge anche l’ambiente, la creatività accresciuta dallo spirito di innovazione e collaborazione del web, tutto questo fa ben sperare che entro qualche anno le auto elettriche diventino competitive e pssano finalmente rendere obsolete quelle a combustibili fossili.

venerdì 27 dicembre 2013

STORAGE OBBLIGATORIO IN PORTORICO

Tutti in nuovi impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili devono essere provvisti di sistemi di stoccaggio. Succede a Porto Rico dove l’Autoridad de Energia Electrica ha reso obbligatorio per gli sviluppatori di progetti solari ed eolici di integrare l’accumulo energetico nelle nuove istallazioni.

 Le nuove norme sul requisito tecnico minimo (MTR) sono state introdotte con l’obiettivo di minimizzare l’impatto sulla rete di distribuzione elettrica della nuova capacità energetica verde, riducendo di conseguenza il livello di investimenti in infrastrutture necessari per mantenere la sicurezza energetica.

In base al neo regolamento, gli operatori dovranno assicurare lo stoccaggio del 30% della capacità nominale dell’impianto per aiutare il controllo della frequenza, nonché la flessibilità dell’approvigionamento. Secondo quanto spiegato da Juan Alicea Flores direttore esecutivo dell’Autoridad de Energia Electrica, la società che detiene il monopolio della trasmissione e distribuzione dell’energia, oltre a fungere da regolatore, ha recentemente completato una serie di valutazioni per avviare l’annunciata riforma energetica.


Il governo caraibico ha infatti annunciato ad ottobre che avrebbe cominciato a rinegoziare gli accordi di acquisto dell’energia con gli sviluppatori dei progetti green, al fine di abbassare i prezzi dell’elettricità per i contribuenti e per rendere più facile la crescita della produzione energetica pulita. 

L’intenzione del Governo di Porto Rico è quella di lanciare un bando a gennaio 2014 per aumentare la capacità rinnovabile sul territorio di  600 MW ; ciò rappresenterebbe un aumento del 5% dell’energia prodotta da fonti rinnovabili nel mix energetico nazionale.

mercoledì 27 novembre 2013

FOTOVOLTAICO DA RECORD A NEW YORK

New York ha deciso di raddoppiare la propria quota di energie rinnovabili investendo in un impianto fotovoltaico da record. 

L’annuncio fatto dal sindaco Bloomberg destina un’area di 47 acri di Staten Island, il noto Freshkills Park, alla realizzazione dell’impianto che riuscirà a produrre più di 2000 abitazioni e aumentare così la capacità rinnovabile della città del 50%.
Annunciando il progetto ieri il sindaco della Grande Mela ha dichiarato “Negli ultimi 12 anni abbiamo restaurato zone umide, ripristinato vegetazione e aperto nuovi parchi e campi da calcio ai bordi dell’area. Grazie all’accordo aumenterà la quantità di energia solare prodotta a New York City del 50 per cento, ed è giusto che Freshkills Park, una volta utilizzato come discarica, diventi una vetrina di rinnovamento urbano e di sostenibilità”.

Un’iniziativa che, oltre ad aumentare la produzione di elettricità green, servirà anche a ridurre le emissioni inquinanti prodotte dal settore energetico e sarà parte integrante della strategia per la sostenibilità della città, la PlaNYC, che comprende anche la sostituzione dei lampioni della città con illuminazione LED a basso consumo entro il 2017.

Diffusasi la notizia ha aumentato le speranze che il progetto possa aumentare la fiducia nelle fonti energetiche rinnovabili come valide alleate nella riduzione del consumo di combustibili fossili anche a livello locale.

“Lo sviluppo dell’energia solare a Freshkills Park dimostra che i progetti di energia rinnovabile su larga scala sono possibili a New York City, ma questo è solo un primo passo”, ha detto Cas Holloway, Assessore per le operazioni di NYC. “Se vogliamo seriamente soddisfare il fabbisogno energetico enorme di New York con le fonti rinnovabili abbiamo bisogno che i governi statali e federali, così come i nostri partner delle utility e altri nel settore privato, lavorino con noi per rendere le energie rinnovabili e altre fonti rinnovabili più facili da sviluppare, installare e accedere alla rete energetica.”

lunedì 28 ottobre 2013

LONDRA E IL NUCLEARE: UNA "TECNOLOGIA DI STATO"

Dopo il disastro nucleare di Fukushima, la Gran Bretagna sta per firmare il contratto con la società francese EDF per la costruzione di una centrale nucleare dal costo di circa 23 miliardi di Sterline.

La centrale sorgerà presso il sito di Hinkley Point C, sulla costa del Somerset, dove sono già presenti due impianti nucleari: una presso Hinkley Point A (ora dismessa) e l’altra presso Hinkley Point B, il cui impianto è gestito proprio dalla EDF. In realtà, la EDF gestisce 15 reattori nucleari in Gran Bretagna, rilevati nel 2008/2009 dalla British Energy per un valore di circa 12,5 miliardi di sterline.

Secondo l’accordo, la società controllata francese, la EDF, sarà capo commessa di un consorzio comprendente investitori cinesi, tra cui la China National Nuclear Corporation (CNNC) e la China General Nuclear Power Corporation (CGNPC), per costruire 2 reattori EPR (European Pressurised Water Reactor) progettati dalla francese AREVA. La EDF dovrebbe avere dal 30 al 40% del pacchetto azionario, mentre la AREVA il 10%.

I 2 reattori, ciascuno della capacità di 1.6 gigawatt, dovrebbero produrre circa il 5% del fabbisogno nazionale britannico e aumentare la sicurezza energetica del Paese che necessita di sostituire il 20% degli impianti ormai obsoleti ed inquinanti.

L'elettricità prodotta, pronta non prima del 2023, verrà pagata il doppio del suo valore di mercato e a coprire la differenza saranno i consumatori britannici.
In ogni caso dunque è pacifico che per avere nuovo nucleare nel paese bisogna incentivarlo come se fosse una fonte di energia pulita. Ed è chiaro che lo si farà, a dispetto delle passate assicurazioni che le nuove centrali nucleari si sarebbero realizzate esclusivamente con il denaro dei privati. Per permettere la costruzione di nuovi reattori, come disposto dall'ultima riforma del mercato elettrico, verrà infatti adottato il meccanismo dei cosiddetti contracts for difference, una sorta prezzo dell'energia garantito. Per semplificare, se alla centrale di EDF verrà garantito uno strike price di 100 £/MWh come richiesto, quando il prezzo di mercato sarà al di sotto di questa cifra (come in effetti è) il pubblico dovrà pagare la differenza tra prezzo di mercato e strike price.
Londra, a differenza di altre potenze come Germania e Giappone che hanno optato per l'abbandono, vede ancora il nucleare come centrale nel suo mix energetico futuro. L'esecutivo britannico ha ribadito: punta a far costruire centrali per 16 GW, cosa che dovrebbe creare circa 40mila nuovi posti di lavoro. Nella strategia illustrata oltre 40 milioni di sterline in fondi per la ricerca e collaborazioni con l'industria del settore.
Una prova che oggi il nucleare è sempre più una "tecnologia di Stato" e non serve ad abbassare le bollette.

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