Continuano a girare nuove bozze del decreto "Fare bis", contenente alcune misure studiate per abbassare i costi dell'energia elettrica in bolletta. Ma a scapito delle rinnovabili. E a Zanonato arrivano anche critiche dal suo stesso partito, il PD.

Rinnovabili che, già con il primo decreto del Fare, hanno dovuto accollarsi i costi della nuova Robin Hood Tax allargata anche alle imprese con un volume di ricavi superiore a 3 milioni di euro e un reddito imponibile superiore a 300 mila euro. E ora si trovano con gli incentivi rimodulati, ma con un metodo allo stesso tempo opzionale e ricattatorio.
Almeno così sarà se il testo definitivo sarà quello della bozza circolata il 23 settembre:gli incentivi si spalmano in altri 7 anni se il titolare dell'impianto è favorevole, ma se non lo è e mantiene il regime attuale di incentivi "per un periodo di dieci anni decorrenti dal termine del periodo di diritto al regime incentivante, interventi di qualunque tipo realizzati sullo stesso sito non hanno diritto di accesso ad ulteriori strumenti incentivanti, incluso ritiro dedicato e scambio sul posto, a carico dei prezzi o delle tariffe dell’energia elettrica".
Detta in maniera semplice: o accetti oggi la rimodulazione degli incentivi oppure una volta scaduto il termine naturale degli stessi non puoi neanche chiedere lo scambio sul posto per l'energia che produci, e questo per ben dieci anni. Se non è un ricatto legalizzato poco ci manca. Ma già la dilazione degli incentivi, a prescindere dal ricatto che contiene, non è affatto gradita da tutti.
Stefano Vaccari, senatore del PD componente della Commissione Ambiente del Senato, si scaglia contro il "suo" ministro e, parlando della possibilità di spalmare gli incentivi commenta così: "L'ennesima rimodulazione in corso d'opera degli incentivi alle rinnovabili, prevista dalla bozza del decreto fare bis, è sbagliata perché rischia di minare definitivamente la fiducia degli investitori italiani e stranieri e di mettere in difficoltà gli enti locali virtuosi, gettando l'intero settore in crisi in un momento delicato".
Una critica sostanzialmente senza appello visto che Vaccari aggiunge anche che "La dilazione degli incentivi ad impianti già attivati rischia poi di mettere in difficoltà quel 97% degli enti locali italiani che ha puntato sugli impianti di energia rinnovabile sia come scelta ambientale ed energetica sostenibile sia quale strumento di autofinanziamento".
Poi la minaccia, altrettanto esplicita, di Vaccaro al Governo, a Letta e a Zanonato: o si cambia il decreto o "saremo costretti ad agire con gli strumenti emendativi in ambito parlamentare. Quello delle energie rinnovabili è uno dei settori dinamici del nostro Paese, e pure se da rivedere nell'impianto degli incentivi, rappresenta un'alternativa in cui molti Paesi investono sia per motivi ambientali che economici. L'Italia ha un grande potenziale che andrebbe quantomeno tutelato da continui terremoti normativi".
Le associazioni di categoria delle rinnovabili, intanto, stanno a guardare in attesa di capire quale sarà la versione finale del decreto. Se sono disposte a sopportare la dilazione degli incentivi, sono molto meno favorevoli al fatto che decisioni del genere siano prese a porte chiuse dal Ministero senza consultare gli operatori del settore. Come ha spiegato Agostino Re Rebaudengo, presidente di assoRinnovabili, nel corso della sua ultima intervista a GreenBiz.it: