Il passato nucleare italiano ci sta costando ancora caro: gli italiani pagano ancora oggi in bolletta circa 150 milioni di euro ogni anno per gestire la scomoda eredità del nostro breve passato atomico, iniziato nel 1963 e chiuso dal referendum del 1987. Visto che quando si parla di oneri in bolletta, nel dibattito pubblico di solito lo si fa per accusare gli incentivi alle rinnovabili e il loro peso sulla componente A3, forse è il caso di ricordare che sugli oneri di sistema impattano anche altre voci, come appunto la gestione delle centrali atomiche dismesse.


Quanto ci costa tutto ciò non è difficile da stimare “Si consideri che lo smantellamento del nucleare va sotto la componente A2 che attualmente vale 0,43 Euro/MWh – spiega a QualEnergia.it Maurizio Fauri, docente del Dipartimento di Ingegneria Civile dell'Università di Trento - nel corso degli anni questo valore ha assunto valori altalenanti in funzione delle esigenze di Sogin (0,2 Euro/MWh nel 2006, 0,3 Euro/MWh nel 2005, 0,5 Euro/MWh nel 2004). Se vogliamo fare un calcolo approssimativo, prendendo una media di 0,35 Euro/MWh, con un consumo di energia elettrica nazionale di circa 330 TWh all'anno, la componente A2 per lo smantellamento delle centrali nucleari costa 100 milioni di euro all'anno al popolo italiano. Si consideri poi che dal 2005 in bolletta è stata inserita anche la componente MCT a sostegno dei Comuni che accettano di stoccare scorie nucleari che oggi vale 0,18 Euro/MWh e sono altri 50 milioni di euro all'anno”.